Prima di scendere in strada e mescolarmi alle altrui ‘anonimie’. Non ho tempo di versarmi anima addosso. Indosso il cappotto, nasconderò le ferite.
«C’è come un dolore nella stanza, ed
è superato in parte: ma vince il peso
degli oggetti, il loro significare
peso e perdita.
C’è come un rosso nell’albero, ma è
l’arancione della base della lampada
comprata in luoghi che non voglio ricordare
perché anch’essi pesano.
Come nulla posso sapere della tua fame
precise nel volere
sono le stilizzate fontane
può ben situarsi un rovescio d’un destino
di uomini separati per obliquo rumore.»
– Amelia Rosselli, da Documento (1963-1966), in Antologia poetica, Milano,1987
Questa non la ingabbio in questa pagina digitale come una citazione, perché la sto ripetendo proprio adesso mentre conto scalini in picchiata verso il pavimento. Mi schianto, mi schianto, perdo l’equilibrio, la nausea, la nausea, proprio ora mentre scrivo. Una coniugazione sofferente e allucinata in cui non si riesce a discernere mai il presente dal passato, lei da te, te da me.