I paesaggi cambiano. Mi trovo sul treno e guardo fuori, non ci sono i giardini di cemento, i ponti istoriati, le lingue infiammate sul Naviglio spoglio, e i profili affascinanti della tua città miniera; ma paesaggi brulli, cani randagi, stazioni con nomi a me familiari, e pali di fichi d’india fusi a staccionate dimenticate. Due paesaggi così differenti, ma egualmente belli, che la distanza diventa unione. Così, ti scorgo anche qui. La mia epidermide è il tuo giaciglio.
– sul treno, 20 marzo 2013
