Non so bene dove vadano a finire le parole. Se esista un qualche Paradiso o Inferno in cui vengano censurate e zittite. Proprio non me le immagino
a portar su per la montagna infernale numeri appuntiti che feriscono
le loro carni, Fatti a pezzi proprio come Maometto dalla spada di un diavolo. Singhiozzi vocali abortiti nella gola, no no più in fondo nel muscolo che non va detto. Singulti che declinano nome che strappa le carni dal petto e stendono il corpo come un cencio dimenticato su un filo steso da parte a parte. Come una cicatrice senza inizio né fine. Arrugginita. Infettata.
Il girone in cui le mie parole sono finite è un hard disk rotto, che mi comanda: “è tempo di lasciarle andare”, è tempo di lasciarla andare.
Tutte le parole che dissi e che mi sono state date stanotte andranno perdute
inghiottite
dimenticate
(Anche le tue parole)
Sorrido. Dannazione se sorrido
Perché di te non rimarrà nulla
E anche quello sarà fatto a pezzi. (E io con loro)
– aggiornamento in corso –