Mi riapproprio della mia identità
Attraverso il tuo corpo.
Una verginità di cui mi vergognavo
E nascondevo sotto le unghie consumate del silenzio.
Io che ero altra da me e
Costruivo identità
Come traballanti castelli di carte
Dai bordi consumati.Ho i pensieri stretti tra le tue dita
Quelle che mi rianimano
Quando scendono in me
E aprono passaggi che pensavo di avere smarrito.
Tu
che affondi materia nella mia carne nuda e assente
Tu
che mi possiedi col tuo sguardo profondo
e mi uccidi d’amore mentre tessi storie
per il mio sonno tormentato
Lascerei scorrere il tuo sangue nelle mie vene
– spaccate zolle di terra perduta e sconsacrata d’altri amori –
E berrei il tuo seme
per generarmi dalla stessa sostanza di te
Che hai profanato le mie paure
Con il tuo sorriso beffardo
Alzandole sulla mia testa come scheletri di nuvole diradateSono in ginocchio su questa assenza
Inchiodata a parole che sgrano con le mie dita consumate
Perché in questa apnea d’amore
Io vorrei soltanto respirarti
E riempirmi la bocca del tuo nome rigoglioso
Come l’acino d’uva nera che si spacca nella bocca
Rilasciando il suo nettare aspro e caldo
Ti raccolgo con la punta della mia lingua
E ti assaporo piano
come nelle notti in cui diventiamo nodoInchiostro dentro inchiostro
Affamato d’amore
Riscrivimi
di una identità che a tutti negheremoQuesta distanza mi strappa
Anche stanotte io trovo riparo nell’insonnia (d’amore).
– Telleena Sbacchi, da una pagina diario 2013,
Una sensualità gentile eppure violenta, una passione sconcertante, un bisogno enorme di essere, parole ricercate, allusioni acute ma trasparenti: tocca dentro con tanta immediatezza e forza. Bella!