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Voglio che tu sappia una cosa

Quando leggi le lettere che amori consumarono nelle notti che li separarono. Quando leggi quei tormenti. Quando leggi di come appassionato e tormentato fosse. Quando ti sei chiesta perché lei non accettò, perché lei rinviò, perché rifiutò. Quando ti sei chiesta perché questa difficoltà a lasciarsi andare, a lasciare entrare. Quando ti sei chiesta se mai a te sarebbe capitato. Quando ti sei chiesta se qualcuno ti avrebbe guardata con tanta avvilita passione. Ricorda che sarai stata anche tu pagina di letteratura nella carne, nelle ossa nel sangue. Ricorda anche se nessuno leggerà di te. Ricorda che sei la lettera che stanotte scriverò, sei l’amore non corrisposto e l’avvilente emorragia di parole che nessuno leggerà, che tutti leggeranno, che tu mai saprai. Ma tu ricorda, anche se non saprai, che qualcuno avrebbe potuto amarti con disperante abbandono.
Quando penserai che nessuna. Quando penserai che mai. Quando penserai. Quando mi penserai e non saprai che è stata la mia mano a muoversi sul tuo corpo addormentato, a registrare i tuoi respiri pesanti, le tue parole farfugliate nel sonno, a tracciarti il corpo e a seguire le costellazioni dei tuoi nei e a sorridere del tuo sonno e di tutti i tuoi folli avvilimenti.

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Gli uomini come loro

Il capannello di uomini si raccoglie proprio dietro le mie spalle. Sento il loro sussurrare, mentre parlo a un pubblico a maggioranza femminile. Gli uomini sono disposti intorno, e mi sembra singolare quella loro scelta di rimanere in piedi. Uno sguardo di disapprovazione gli accende il volto, fanno finta di essere accoglienti mentre pian piano si dispongono intorno abbracciando lo spazio, tutto, senza prendere posto. In piedi, fermi in una gerarchia visiva, tesi a guardare con sufficienza, a ridacchiare di tanto in tanto di quelle donne, professioniste, intellettuali, istruite, potenti, che parlano di cose che forse capiscono appena. Come si fa ad annientare la minaccia? Sembrano pronunciare le loro labbra diffuse in tutto il corpo.

“La tavola rotonda sui diritti a che ora è?”, mi chiede mentre esce dalla doccia prima di darmi un bacio sulla spalla e dirmi “che palle però faremo tardi”. Intanto guardo fuori, è una giornata calda, la pianta di rose che ho comprato ieri brilla al sole, e rimango a fissare la trasparenza che la luce conferisce a delle piccole foglioline sulla cima. “Arriveremo con qualche ora di ritardo, hai già avvertito che faremo il check-in qualche ora dopo? La strada da quella parte è sempre libera”. Mi guardo allo specchio, donna, quaranta anni, professionista, lesbica, in una relazione, forte, indipendente, non abbassa mai lo sguardo. Per loro, semplicemente: stronza. Continua a leggere Gli uomini come loro

Vedi, il sole declina. Inquadrature

Il vicino non ha ancora potato la siepe di alloro, un groviglio di intrecci, un dedalo di voci inascoltate che svetta nel cielo. La luce riesce comunque a spaccare ogni cosa a metà. Alla mia sinistra il quadrato verde bottiglia della siepe cerca di frenare invano le prepotenze del sole che spinge sulla sua schiena erbosa. Alla mia destra i denti stretti e arrugginiti di una ringhiera di ferro.

Taglio la scena. Lo sguardo non più timido insegue la linea d’orizzonte, sino a conquistare la metà opposta di un verde paglierino, ecco che alla destra del padre la luce si erge, esplode e delicata si inscrive su spilli di foglie dorate.

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Finali aperti. Prima di sognarti. Prima di cadere.

È compiuto. È concluso. È terminato.
È consumato l’incendio. S’è fermato.
S’è chiuso il cerchio pietrificato.
Il tempo s’è fermato. È consumato
il delitto. S’è bruciato
il ricordo. L’ansia è cessata.
Una coltre di lava ha sigillato
ogni cranio ogni orbita svuotata.
Ogni bocca nel grido ha sigillato.

S’è chiuso il cerchio. Niente osa varcare
il silenzio di lava. Le formiche
girano intorno al rogo spento impazzite.

Goliarda Sapienza

Scrivo parole incomplete, prendo suoni a casaccio dagli alfabeti che mi si formano davanti, mutevoli e silenziosi, chiassosi, acquattati, timidi, rivoluzionari. La musica riempie ogni buco, si mescola con la muffa alle pareti, gli angoli scrostati, la pila di libri, i vestiti dismessi, i piatti nel lavandino, le foto dell’ultima mostra sul tavolo, l’agenda scarabocchiata, un appunto scritto sulla pagina di un vecchio calendario 2015. Continua a leggere Finali aperti. Prima di sognarti. Prima di cadere.

La tua voce. Il tempo rubato che non posso permettermi

L’anima vostra è un paesaggio singolare
che ammaliando vanno maschere e bergamaschi,
suonando il liuto, e ballando, e pare
che siano tristi sotto quelle vesti fantastiche.

Benché cantando sempre sul tono minore
l’amore vincitore e la vita opportuna,
pure non credano alla loro gioia, e s’irrora
quella loro canzone di chiaro di luna.

Del calmo chiaro di luna bello e triste,
che fa sognare dentro gli alberi gli uccelli
e gli zampilli singhiozzare d’estasi,
gli alti zampilli in mezzo al marmo snelli.

Paul Verlaine, Poesie, BUR, 1986, testo francese a fronte,
pp. 122-123, traduzione di Luciana Frezza

Tutto accadde in un chiaro di luna.
La sua voce metallica, lontana e assente. Ogni pausa arriva dritta al punto del cuore, la riconosce come se il tempo non fosse che un piccolo interstizio facilmente attraversabile. Non ricordo neppure di avere composto il numero, di aver preso in mano lo smartphone, né lo squillo prima della sua voce roca, calda, straniera. Rimango qualche secondo ancora. Lei ripete “pronto“, io affondo nei graffi di quella voce che ha ripetuto il mio nome così tante volte come fosse una preghiera e poi una maledizione, e poi un orgasmo, e poi un addio. Trattengo il respiro (se lo riconoscesse?). Continua a leggere La tua voce. Il tempo rubato che non posso permettermi

La casa vuota

“Siamo tutti case vuote
e aspettiamo qualcuno che apra la porta e ci renda liberi

Ferro 3 – La casa vuota, film di Kim Ki-Duk

La finestra della casa vuota si è accesa, lo fa sempre, ogni sera, come se sorreggesse la luna. Oggi il cielo è nuvolo, la luce si espande, amplifica le seduzioni della luna. Questa notte il suo volto non sarà mostrato. Non vi è orizzonte dal quale scorgerla, tutto si fonde con questo immenso cappello di nuvole grigie. Sotto a picco c’è quella sola finestra quasi fosse sospesa in questo notturno. Ingabbiata dalle ragnatele di un albero ossuto, qui da prima che io nascessi. Cosa avvenga in quella casa vuota non posso che immaginarlo, anche se neppure tanta impegnata ostinazione mi porta ad abbozzare alcuna storia. C’è assenza, sottrazione, in questo quadrato notturno dove il mio sguardo si spegne.

Quella è la casa vuota, che di giorno mostra un volto grigio e avvizzito, di cemento dimenticato, grigio più del grigio. Quella finestra che a ricordarla di giorno (se chiudo gli occhi) pare murata.

http://www.youtube.com/watch?v=CZ9zk7_lm2M

 

Quattro millimetri appena di felicità

É di quattro millimetri appena.
Chissà quando inizierà a sentirsi? Ma il barattolo di Nutella non era nel ripiano in basso? Assaggio questo raviolo cinese solo per farti piacere (il sesto). Il pane è un po’ raffermo… con un po’ di formaggio spalmabile andrà meglio.
Fai la pipì, aspetti sempre meno di quanto ci sia scritto sulla scatola
.
Quante astine? Sarà maschio o femmina? Riusciremo ad aspettare tutti questi mesi? Ma prima di metterlo nell’astuccio lo hai pulito? Continua a leggere Quattro millimetri appena di felicità

Ho una storia nel cassetto e un’altra nella testa

Tra le bozze di questo stesso blog e di quelle dei mie cassetti digitali, ho trovato questo incipit. Sarà stato partorito di notte e dimenticato come tanti. Cestinarlo o continuare la storia? Continua a leggere Ho una storia nel cassetto e un’altra nella testa

Vorrei poter soffocare

Spesso accade: dimenticare. Ricordare. Vivere. Affogare. Il mutismo del mondo diventa ‘atrocità tranquilla’ dalla quale vorresti scappare. Scavare in una poesia per indossare parole che non sapevamo di avere avute dalla bocca altrui. Lì la parola si compie, come il nostro dolore che qualcun altro ha provato, sistemato in versi e archiviato. Perché quando una parola è scritta, muore (Muore la parola appena è pronunciata: così qualcuno dice. Io invece dico che comincia a vivere proprio in quel momento – Emily Dickinson).

La pila di libri che mi sta di fronte è una torre che abbaglia la mia attenzione, cerco di ignorali, ma non riesco a non arrampicarmi, scorrere con una carrellata i titoli che diventano poesia involontaria. La mente si è distratta. Il corpo si alza dalla sedia. La mano chiude il display del pc, come se staccasse un interruttore. Prego, avanzate pure. Dico alla memoria. Memoria di te. In una poesia che afferro, un Pavese ingiallito nelle pagine consumate a lettura. Che struggente dolore contengono i suoi versi. Il rumore delle pagine ispessite dal tempo sotto i miei polpastrelli doloranti. Ci sfoglio in una poesia che avrei voluto dedicarti, leggerti appesa al tuo corpo nudo. Nelle nostre notti di Cabiria.

Vorrei poter soffocare
nella stretta delle tue braccia
nell’amore ardente del tuo corpo
sul tuo volto, sulle tue membra struggenti Continua a leggere Vorrei poter soffocare

Oggi i passanti sembrano danzare

Il ricordo è una forma di incontro. – Lia Varesi

Wound Robert & Shana Parke Harrison

Sveglia alle 08.06
Rimango ancora un po’ a letto (in casa siamo solo io e la piccola pelosa – che chiamerò di fantasia Bianca per via del suo pelo)
M. mi chiama al telefono per sapere se abbiamo fatto colazione
Preparo il caffé espresso. Lo bevo, amaro, mastico distratta una fetta di pane tostato.
9.36 – Il telefono squilla. Non rispondo. Ripiego un paio di t-shirt e divido pensieri e preoccupazioni nei cassetti
Cambio di stagione. Cerco di indossare un umore nuovo. Mi sta stretto.
10.27 – Guardo fuori dalla finestra, ascolto la Follia di Corelli
Un’anziana signora dietro il vetro si trascina lenta, testa china, avvolta in un soprabito blu che svolazza
I tralci di vite che spaccano il cemento e si spingono sino alla balconata di un primo piano si piegano sotto i polpastrelli del vento.
12.26 Mi siedo davanti al pc. Mi appunto a china. Continua a leggere Oggi i passanti sembrano danzare